Gli Head Hunter Possono Sopravvivere all’Evoluzione del Recruitment (5 Problemi 5 Soluzioni)

An headhunter is calling candidates

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Introduzione: Reinventare il Ruolo degli Head Hunter

Il mondo del recruitment è rotto, non funziona. Ogni giorno sui nostri feed LinkedIn leggiamo storie che raccontano dell’insoddisfazione di candidati, aziende, hiring manager ed head hunter rispetto al processo di recruitment. 

A torto o a ragione nella maggior parte dei casi le storie riguardano gli head hunter e non li dipingono nei migliori dei modi, con lamentele rispetto al loro operato specifico e al loro ruolo in generale. 

L’insoddisfazione crescente di candidati e clienti sta portando molte startup a cercare di trovare soluzioni alternative per sostituire il ruolo degli head hunter, ed è probabilmente solo una questione di tempo prima che qualcuna riesca ad effettuare una disruption in questo settore pari a quella fatta da Uber nel trasporto locale, o da Spotify nella fruizione di musica. 

Non voglio dipingere uno scenario funebre per gli head hunter, ma intendo metterli in guardia e aiutarli ad identificare problemi e soluzioni per evitare o quanto meno governare la futura disruption.

Parlo anche per esperienza personale, nella mia vita credo di aver sostenuto circa 500 colloqui di cui approssimativamente la metà con head hunter, e devo dire che conservo un buon ricordo solo di una quindicina di head hunter per cui provo rispetto professionale. 

Molto spesso mi sono trovato a parlare con recruiter neolaureati che non avevano molta professionalità e competenze e che non avevano la voglia di capire il mio profilo professionale, le mie ambizioni ed inclinazioni, ma semplicemente ‘pescavano nel mucchio’, sperando di poter presentare qualche candidato valido ai propri clienti nel minor tempo possibile. Ho avuto anche esperienza di lavoro diretto con alcuni head hunter in qualità di hiring manager di aziende che si avvalgono di loro e devo dire che raramente sono rimasto soddisfatto del lavoro svolto, molto spesso mi sono ritrovato con rose di candidati generiche e che sembravano valutate da un CV parser (sulla carta le keyword dei loro CV erano un buon match con il ruolo, ma solo sulla carta), al posto di veri esperti di ricerca e valutazione delle risorse umane che offrono un vero valore aggiunto.

Questa è la chiave di questa sorta di guida di sopravvivenza per head hunter: dare valore aggiunto. I servizi di headhunting sono costosi e devono giustificare il loro costo, devono offrire un reale e misurabile valore aggiunto che molto spesso oggi non hanno. Analizziamo 5 maggiori problemi del lavoro di headhunting attuale e poi scopriamo 5 possibili soluzioni per reinventare la professione di head hunter nel futuro e donargli nuovamente il rispetto e la stima di candidati e clienti.

5 Problemi degli Head Hunter

Ritorniamo brevemente su quegli articoli o post nel feed di LinkedIn in cui si raccolgono le lamentele di candidati e clienti nei confronti degli head hunter (e a volte, ma più raramente, critiche degli head hunter ai loro interlocutori), ciò che colpisce di più non è tanto la quantità di questi post, ma l’engagement che questi generano costantemente con decine e a volte centinaia di commenti, like e re-share. 

Questa grande attività e partecipazione è indice non solo del problema, ma anche di come questo sia sentito emotivamente dagli attori coinvolti. A pensarci bene è una cosa naturale, gli head hunter sono chiamati ad interfacciarsi e a valutare essere umani e a consegnare tali valutazioni ai clienti, e a nessuno piace essere giudicato. E’ un concetto psicologico elementare: il ruolo di head hunter richiede di giudicare con velocità le persone e le persone ritengono molto spesso di non essere giudicate equamente o con la professionalità che un tale ruolo richiede.

Il vostro non è un lavoro facile, siete sottoposti a forte pressione dai clienti (internal recruiter e hiring manager) e dai candidati e in un certo senso vi trovate fra incudine e martello costantemente. Da questa situazione di costante pressione emergono chiaramente una serie di problematiche:

  • insoddisfazione dei clienti che spesso non vedono o apprezzano il vostro valore aggiunto rispetto al costo
  • insoddisfazione dei candidati che spesso si sentono pre-giudicati o non giudicati secondo parametri oggettivi, o peggio, si sentono poco rispettati professionalmente e personalmente
  • l’impossibilità di essere Superman/Wonder Woman, dei tuttologi che tutto conoscono e tutto possono
  • la difficoltà a mantenere rapporti equilibrati e professionali con i clienti ed i loro continui cambiamenti di strategia
  • candidati selezionati sbagliati che non superano il periodo di prova e che compromettono success fee e rapporto nel tempo con il cliente

Prendiamo in rassegna in maggiore dettaglio ciascuno di questi problemi.

 

Clienti Insoddisfatti

Spesso i clienti degli head hunter sono insoddisfatti dei risultati raggiunti e per questa motivazione cambiano agenzia di headhunting in continuazione, o richiedono di lavorare con un altro recruiter all’interno della stessa agenzia. 

La verità è che basta poco per incrinare il rapporto di fiducia tra head hunter e cliente, anche un solo processo fallimentare o un candidato scelto che si rivela inadeguato possono segnare la fine di un rapporto durato anni. 

Questo accade per via di un sostanziale disequilibrio fra quanto gli head hunter oggi offrono e quanto i clienti si attendono da loro. I clienti pensano che dal momento che stanno pagando costose success fee ai recruiter esterni, questi debbano risolvere tutti i loro problemi e portare soluzioni (sotto forma di candidati ideali) sempre vincenti e di successo. Ciò è semplicemente irrealistico per diverse ragioni: gli head hunter controllano solo una piccola parte del processo di selezione (tipicamente quella di sourcing iniziale) e i clienti non possono sentirsi deresponsabilizzati dalle scelte finali prese, gli head hunter non sono dei tuttologi onniscienti che possono comprendere fino in fondo realmente le caratteristiche tecniche dei candidati ed infine c’è un fraintendimento di fondo, quando si tratta di esseri umani non esiste una scienza esatta, un algoritmo o un supereroe in grado di garantire scelte infallibili, ne ora ne mai. Personalmente nel ruolo di hiring manager mi sono trovato molto spesso a valutare gli head hunter non positivamente, ma nemmeno negativamente, semplicemente nel debrief finale con le risorse umane delle aziende per cui lavoravo mi sono trovato spesso a dire: ‘Non ho trovato molto valore aggiunto nei servizi offerti dall’head hunter’, insomma, non mi sono mai ritrovato a risparmiare molto tempo grazie all’ausilio di head hunter, tranne in un paio di casi, usando boutique agencies su ruoli molto specifici in cui i recruiter esterni hanno effettivamente portato della competenza specifica che è stata preziosa per l’identificazione di corrette risorse. 

Ricordate sempre di essere trasparenti rispetto a quello che potete realmente offrire ai vostri clienti, seguite la buona regola ‘under promise and over deliver’ perché gran parte della delusione e frustrazione dei clienti deriva da una incentivata illusione e irraggiungibili promesse che vengono fatte all’inizio dei processi da molti head hunter. 

Ricordo una posizione mid level di CRM manager che non riuscivamo a coprire con le risorse di recruiting interne (ricevevamo solo profili troppo junior o troppo senior) ci siamo rivolti ad una agenzia di headhunting che ci ha promesso un rapido successo e di avere candidati pronti per noi, la realtà è che i candidati in oggetto avevano la stessa caratteristica (troppo junior o troppo senior) e per questa ragione abbiamo smesso di usare questa agenzia che ci ha fatto solo vane promesse.

 

Candidati Insoddisfatti

Partiamo da un principio: ricorda sempre che tu, in qualità di head hunter, hai due clienti, uno che ti paga direttamente e uno che permette che questo pagamento avvenga (i candidati). Alcuni head hunter si dimenticano di questo per il semplice motivo che i candidati sono tanti e quindi è facile pensare che ‘uno vale l’altro’, ma fatto questo ragionamento il prossimo passaggio conseguente è semplicemente non aver il rispetto dovuto dei candidati e di trattarli come un numero, un semplice mezzo intercambiabile per raggiungere il proprio fine, intascare la success fee. Se sei fra questi, smetti pure di leggere questo post, nulla ti salverà.

La verità è che il lavoro di headhunting non è per tutti, ci sono delle doti di base che sembrano banali e scontate, ma che non tutti posseggono, ci vuole: organizzazione, rispetto, precisione, puntualità, studio costante (aggiornamento), professionalità e capacità di comunicazione. 

Quante volte mi è capitato di essere contattato per ruoli chiaramente non affini al mio profilo professionale? Quante volte mi è capitato di ricevere inviti a call online prive del link al meeting (o con il link, ma con l’head hunter che non si presenta e non avverte)? E quante volte sono stato chiamato in email e messaggi LinkedIn con un nome diverso dal mio?

Troppe.

Queste sono le basi per guadagnarsi la fiducia ed il rispetto dei candidati, tutti possono commettere disattenzioni, ma è importante ammetterle e chiedere scusa. 

I candidati spesso lamentano la sensazione di essere trattati come numeri, come ‘carne da macello’ da inesperti head hunter, inoltre, hanno la sensazione di essere trattati subendo una sorta di esercitazione implicita di potere (io posso decidere del tuo futuro professionale) che sfocia nei peggiori casi in un comportamento di sufficienza ed alterigia nei confronti dei candidati. Ovvio dire che tutto questo non deve avvenire e che, nonostante in molti casi sia solo frutto dell’immaginazione dei candidati stessi, voi head hunter dovete sempre ricordare che state valutando delle persone, non dei numeri e questo provoca inevitabili reazioni emotive.

Ricordo di un head hunter che mi contattava sempre per posizioni inferiori alla mia attuale (sia in seniority sia in salario), mentre non rispondeva mai quando ero io a contattarlo per posizioni che gestiva di mio interesse e che rappresentavano un effettivo avanzamento di carriera. Dopo alcuni anni, all’ennesima richiesta di partecipare ad un processo di selezione per una posizione squalificante sono giunto ad una mia conclusione: questo head hunter pensa che io sia un candidato di ‘serie b’ e mi offre solo posizioni che non riesce a ricoprire, allora gli ho detto esplicitamente che evidentemente non c’era una corretta valutazione delle mie qualità professionali e che non c’erano i presupposti per collaborare ora ed in futuro. L’head hunter in questione ha perso un cliente, un candidato di valore, che negli anni ha fatto guadagnare cifre a sei zeri in success fee a suoi colleghi, ma la sua agenzia ha perso anche un potenziale cliente, in quanto ogni volta che mi nominano la famosa agenzia di headhunting presso cui lavora in merito a posizioni per cui sono l’hiring manager io mi rifiuto di lavorare con loro (ricordati sempre che i candidati di oggi e di ieri sono gli hiring manager di domani…).

Chiudiamo l’argomento relativo alla soddisfazione dei candidati ricordando che non siamo più negli anni novanta, ogni errore, ogni mancanza di rispetto, ogni eventuale scorrettezza o semplicemente mancata risposta può diventare un trend topic su Twitter e LinkedIn e distruggere la tua reputazione e quella della tua agenzia.

 

L’Head Hunter Non è un Supereroe

Come abbiamo accennato, molto spesso i clienti ed i candidati pretendono molto, forse troppo, dagli head hunter.

Diciamolo una volta per tutte, gli head hunter non sono supereroi che possono tutto, non hanno la bacchetta magica per risolvere problemi istantaneamente. 

Da dove nasce questo fraintendimento? Da un lato ci sono aspettative irrealistiche da parte di clienti e candidati che pensano o si illudono di interfacciarsi con risorse dedicate ed esclusive che passano la totalità del loro tempo a prendersi cura di loro e dei loro progetti di recruitment. Ovviamente così non può essere e questo provoca frustrazioni: i candidati vorrebbero aggiornamenti continui e personalizzati, gli hiring manager vorrebbero dettare tempi e modi del processo (anche quando hanno delle mancanze chiare sulle loro responsabilità ed attività da svolgere nei processi) e questo non è fattibile per gli head hunter che spesso si ritrovano a lavorare su progetti paralleli con lo stesso cliente e diversi clienti.

D’altro canto ci sono anche delle promesse fatte dagli head hunter, o da chi vende il loro servizio, che sono irrealistiche e in parte generano sul nascere queste aspettative (specie nel cliente).

A ciò si aggiunge un altro fondamentale problema, l’head hunter nella stragrande maggioranza dei casi non è un esperto tecnico delle posizioni su cui è chiamato a collaborare, può avere una conoscenza sommaria e di alto livello, ma non una specifica e professionale dei diversi ruoli che segue. Ed è perfettamente normale che sia così, nessuno è un’enciclopedia vivente con tutto il sapere umano infuso in sé, tuttavia si è creato nel tempo un fraintendimento di fondo che porta candidati e clienti a credere che gli head hunter siano competenti nella materia di ricerca, semplicemente non lo sono (tranne rarissimi e costosi casi) e non è giusto che lo siano.

Intendiamoci, gli head hunter devono informarsi ed avere una conoscenza generica e di primo livello della materia/area di expertise che coprono, ma non potranno mai diventare dei veri esperti, per una semplice ragione: fanno un altro lavoro!

Anche in questo caso c’è un po’ di dolo in chi vende i servizi di headhunting, spesso viene venduto il team specializzato in una expertise come un team in grado di valutare competenze tecniche e questo non corrisponde al vero, e nemmeno dovrebbe essere lo scopo del lavoro di un head hunter.

Lavoravo da poco per una startup in ambito gaming e dovevo allargare il team assumendo figure molto verticali e tecniche specifiche del mondo del giochi online per mobile. Trovo un’agenzia specializzata in questo tipo di figure che mi promette la capacità di selezionare candidati per cui io, onestamente, non ho le competenze tecniche per esprimere una valutazione sensata. Settimane dopo mi ritrovo con candidati junior scartati da altre aziende e che parlano un inglese stentato, la vera area di expertise di questa agenzia di headhunting era parlare il russo e quindi offrimi candidati provenienti da quell’area geografica del mondo, nulla di più e nulla di meno. Ovviamente abbiamo chiuso il contratto.

La nostra startup, ExpHire si occupa di fornire ad aziende, ma anche a smart head hunter, Esperti tecnici qualificati nella stessa area di ricerca di un ruolo, ma con maggiore seniority, in grado di valutare approfonditamente le hard skill dei candidati. ExpHire ti permette di offrire un nuovo e maggiormente qualificato servizio ai tuoi clienti.

 

Clienti che Non Sanno Cosa Vogliono

Fino ad ora abbiamo analizzato problemi che sono principalmente legati all’atteggiamento degli head hunter nei confronti del lavoro che sono chiamati a svolgere, tuttavia ci sono anche problemi che subiscono e che incidono sulla qualità percepita del loro lavoro. 

Gli head hunter devono aver a che fare molto spesso con clienti che cambiano molte volte idea e direzione nei processi di selezione in corso d’opera, e questo può diventare molto frustrante. 

La gestione del rapporto con i clienti diventa in questo scenario molto complessa, sempre divisa fra due fuochi: accontentare sempre e comunque le loro richieste ed assecondare in questo modo il loro atteggiamento ondivago, oppure rischiare di perdere il cliente rimanendo inflessibili o poco permeabili rispetto alle richieste di variazione di profili, seniority dei candidati e budget a disposizione.

Generalmente gli head hunter scelgono di assecondare il cliente nelle sue indecisioni e cambi di direzione, ma ritengo che questo approccio sia sbagliato e squalifichi in qualche modo l’intera categoria, che perde la sua autonomia e prestigio per diventare una sorta di ‘fido cagnolino’ dei dipartimenti interni di recruiting e degli hiring manager. Affermare la propria professionalità è importante per stabilirne e ribadirne l’esistenza prima di tutto e per evitare di diventare un giocattolo nelle mani dei clienti in seconda battuta.

C’è un famoso detto che dice: patti chiari, amicizia lunga. A volte si iniziano dei processi di selezioni in troppa fretta, senza fare il dovuto lavoro di analisi e mappatura delle necessità aziendali in generale e di quelle relative al ruolo ricercato in particolare. 

Tipicamente il cliente ha fretta e la ragione per cui molto spesso assume è semplicemente quella di sostituire qualcuno che ha dato le dimissioni; anche l’head hunter ha fretta, perché prima inizia e prima finisce ed intasca la propria success fee, ma la fretta è sempre cattiva consigliera.

La fretta ha come prima conseguenza il cambio di direzione in corsa delle ricerche di personale, le idee si chiariscono quando il processo è già iniziato, a volte quando sta per finire e questo impatta negativamente sulla vita professionale e in qualche caso personale degli head hunter (immaginate lo stress derivante).

Noi abbiamo lavorato all’ExpHire Recruitment Canvas, un documento di sintesi che è alla base di ogni processo di ricerca di personale e che identifica e rende palesi, condividendoli, tutti gli elementi principali della ricerca. Questo documento viene ancora prima della Job Description e potrebbe avere come risultato l’effettiva non necessità di assumere del personale. Mi rendo conto che questo è molto rischioso per gli head hunter, ma siamo sinceri, quante volte siete arrivati a conclusione di un processo di recruitment per sentirvi dire dal cliente: ‘Abbiamo deciso di non assumere e di suddividere le mansioni di questo ruolo fra risorse interne’, o di assegnarlo ad una risorsa già impiegata, il risultato è lo stesso, solo che arriva alla fine di un duro, inutile lavoro che non vi sarà pagato.

Vi consigliamo di adottare un modello simile al nostro ExpHire Recruiting Canvas (che mettiamo a disposizione di tutti) per iniziare ogni progetto con i clienti nel migliore dei modi e come punto di riferimento e bussola per l’intera selezione. Il documento, una volta redatto, deve essere condiviso e approvato dai principali stakeholder e, se proprio si devono fare delle variazioni, queste devono essere condivise ed approvate da tutti, inclusi gli head hunter.  

 

Candidati che Non Superano il Periodo di Prova

Il terrore degli head hunter sono i candidati che non superano il periodo di prova e che sono stati scelti dalla loro shortlist consegnata al cliente.

La prima ragione è che molto spesso i contratti di headhunting prevedono una clausola di pagamento di una parte della success fee solo al superamento del periodo di prova, oppure prevedono il risarcimento di parte della stessa o ancora la compensazione con un nuovo processo di recruiting gratuito o fortemente scontato in caso di mancato superamento.

Al problema di natura economica se ne aggiunge un altro di maggiore importanza: la fiducia del cliente.

Come visto i clienti di head hunter sono molto volubili ed anche un solo processo di recruitment di insuccesso può cancellare facilmente la storia di molti processi passati che hanno avuto esito positivo.

I clienti hanno la memoria corta e, se insoddisfatti, si guardano attorno per trovare soluzioni alternative di recruitment. 

Agli occhi del cliente (e nella pratica), assumere una persona che non supera il periodo di prova è molto più grave che non trovare un candidato ideale per una posizione. Entra il gioco il concetto di colpa: qualcuno ha preso una decisione sbagliata che ha fatto perdere tempo e denaro all’azienda e che ne farà perdere altro per ricominciare daccapo. La colpa ha una caratteristica, deve sempre trovare una casa, deve sempre essere associata ad un nome, e come è facile capire è conveniente per tutti addossare la colpa agli head hunter. 

Ecco la soluzione: l’head hunter ha sbagliato la selezione e la rosa di candidati e pertanto l’unico modo per evitare problemi di questo tipo in futuro è di cambiare agenzia di headhunting. Per HR o Hiring manager del cliente il problema è risolto…

Come puoi ridurre queste situazioni al minimo? Noi crediamo che nella maggior parte dei casi le ragioni che portano ad un mancato superamento del periodo di prova siano due: mancanza delle competenze specifiche tecniche dei candidati (che per qualsivoglia ragione non sono emerse nei colloqui) e problematiche di natura comportamentale dei neoassunti. 

ExpHire offre Esperti tecnici e comportamentali a supporto dei processi di selezione che riducono enormemente queste indesiderate eventualità, l’ausilio di queste figure, che puoi rivendere come head hunter ai tuoi clienti, ti aiuta non solo ad aumentare il valore di ogni singolo progetto di recruitment, ma a fidelizzare i clienti nel tempo grazie a l’aumentato livello di successo delle assunzioni.

Two recruiters interview a candidate

5 Modi per Reinventare la Professione di Head Hunter

I problemi sono tanti e complessi, noi ne abbiamo analizzati cinque, ma vogliamo ora concentrarci su aspetti maggiormente propositivi, sul creare insieme agli head hunter una nuova professione in grado di soddisfare maggiormente i clienti e di essere percepita da tutti gli attori coinvolti nel processo di selezione come un elemento portatore di valore aggiunto e degno di rispetto e stima professionale.

Mi voglio concentrare su 5 aspetti che possono contribuire a dare maggiore dignità e prestigio al ruolo di head hunter e garantire la longevità e la messa in sicuro da parte di possibili disruption:  

  • vendere solo quello che si fa realmente, promettere poco eseguire di più
  • introdurre un nuova modalità di pagamento delle proprie prestazioni lavorative
  • coordinarsi con veri esperti per supportare i clienti nei processi di selezione
  • aumentare il valore medio di spesa dei clienti e il loro LTV 
  • recuperare il rapporto con i candidati, definendo fin da subito il proprio ambito di competenza

 

Vado a dettagliare ciascuna di queste attività atte a reinventare la professione dell’head hunter.

 

Non Vendere Fumo

Negli anni, a causa della competizione fra diverse agenzie di headhunting si è creata una tendenza a promettere e vendere ai clienti sempre di più, ad alzare le loro aspettative in merito all’uso dei servizi di headhunting. Questo deve finire, bisogna tornare ad avere un approccio maggiormente realistico sull’ambito di lavoro effettivo e le responsabilità reali degli head hunter, bisogna umanizzare l’head hunter e ‘venderlo’ fin da subito come un essere fallibile, che commette errori di valutazione, come tutti. Sulla base di tale premessa le delusioni dei clienti spariscono, in favore di una maggiore cooperazione nei processi: insieme possiamo concorrere a ridurre il rischio insito in ogni nuova assunzione di personale (non ad eliminarlo del tutto).

Ho lavorato in un’azienda il cui mantra era ‘surprise and delight’, trova sempre il modo per sorprendere e deliziare i tuoi clienti, non è un gioco al ribasso sulle aspettative, si tratta di accordarsi su obiettivi credibili e realizzabili e di sorprendere i clienti di quando in quando raggiungendo qualcosa in più o di inatteso rispetto agli obiettivi prefissati.

 

Cambia il Modello di Business

L’attuale business delle agenzie di headhunting prevede nella quasi totalità dei casi un modello a success fee, in cui ogni recruiter viene pagato una percentuale del salario annuale offerto ai candidati scelti dai clienti (solitamente fra il 15% ed il 25%). Ritengo che questo modello sia alla base di molti dei problemi del mondo del recruitment e della cattiva reputazione che gli head hunter hanno.

Un modello strutturato in questo modo spinge inevitabilmente gli head hunter ad avere fretta nel chiudere i processi di selezione per poter intascare la propria fee e concentrarsi su altri ruoli e clienti. I candidati si sentono trattati come numeri e percepiscono tale fretta, i clienti alla stesso modo vogliono evitare di essere vittime di fretta e spesso cambiano lo scopo delle loro selezioni, consci del fatto che questo non ha una conseguenza sui costi (il lavoro fatto dagli head hunter fino a quel momento viene semplicemente ignorato).

Questo modello di business ha anche una conseguenza più sottile: squalifica il lavoro degli head hunter, che vengono misurati su un solo parametro (successo o insuccesso) e non sul lavoro svolto per raggiungerlo.

E’ giunto il tempo di mettere in discussione questo modello di business e di trattare il recruitment come qualsiasi altro servizio di consulenza professionale: chi usufruisce di un servizio paga in base al tempo e alla seniority delle risorse utilizzate, semplice. Al limite si può prevedere una piccola success fee ‘on top’ in caso di individuazione del candidato che viene effettivamente assunto fra la rosa dei candidati presentati dall’head hunter. 

Mi rendo conto di proporre una rivoluzione copernicana del modello di business e che questo può rappresentare un rischio troppo grande, ma sono certo che sia uno dei tasselli principali per rivalutare la figura professionale dell’head hunter e allo stesso tempo garantirne la sua esistenza nel tempo.

 

Diventa Recruitment Owner

Come abbiamo visto, essere esperti tuttologi non è possibile e cercare di vendere una esperienza e competenza che non si possiede in qualità di head hunter non è producente nel medio lungo termine. 

A ciascuno il suo ruolo ed il suo compito.

Gli head hunter non sono esperti tecnici in una materia specifica, né tantomeno sono degli psicologi professionisti e qualificati, non possono e non devono essere chiamati a giudicare le skill tecniche e quelle attitudinali e comportamentali dei candidati. 

Gli head hunter, però, hanno l’esperienza necessaria per poter mettere insieme i pezzi di un puzzle, ovvero coordinare i processi di recruitment e fare in modo che tutti gli elementi vengano considerati prima che il cliente prenda una giusta decisione. 

Nel mondo delle aziende esistono i product owner che si interfacciano internamente ed esternamente al team per fare in modo che il prodotto venga rilasciato secondo le caratteristiche attese (dall’azienda, dal team, e dai consumatori finali). 

L’head hunter dovrebbe fare qualcosa di simile per i processi di recruiting: essere il punto di interscambio fra esperti tecnici, comportamentali, hiring manager ed internal recruiter per certificare che ogni elemento dei candidati è stato valutato e validato e per aggiungere la propria esperienza in materia nel guidare le decisioni finali. L’head hunter disegna insieme agli altri stakeholder la mappa di recruitment e si assicura che si giunga al tesoro solo dopo essere passati attraverso tutte le necessarie tappe intermedie.

ExpHire è disponibile a collaborare per il raggiungimento di questo scopo, la ridefinizione del ruolo stesso dell’head hunter che da semplice sourcer di profili diventa l’owner ed il coordinatore dell’intero processo.



Clienti Più Contenti e di Maggior Valore

L’attuale lavoro di headhunting può diventare molto stressante, il dover sempre inseguire le mutevoli richieste dei clienti, dover lavorare in parallelo a diversi progetti, il rischio di non incassare le proprie fee, accompagnate dall’impossibilità di essere un esperto tecnico possono provocare facilmente una situazione di burn out. Tutto si semplifica con le soluzioni proposte perché conferiscono maggiore valore percepito ai clienti.

Se vuoi differenziare la tua offerta rispetto alla concorrenza puoi offrire, i servizi di valutazione tecnica e comportamentale dei candidati offerti da ExpHire in maniera completamente trasparente ai tuoi clienti che ti percepiranno come un head hunter innovativo e unico. Vantaggio accessorio, ma fondamentale, è che puoi ricaricare il tuo margine sui servizi ExpHire offerti i tuoi clienti, aumentando il valore medio dei tuoi ricavi per posizione (anche nel caso in cui tu voglia continuare a lavorare col modello a success fee). 

La soddisfazione dei tuoi clienti aumenta perché il risultato delle ricerche migliora e il valore aggiunto percepito dei tuoi servizi incrementa. Ciò comporta una maggiore fedeltà nel tempo dei tuoi clienti ed un minore churn rate che oltre a consentire un maggiore bilanciamento tra vita personale e lavorativa (non dovrai continuamente rincorrere nuovi clienti), ti consente di aumentare il lifetime value medio dei clienti migliorando i tuoi profitti nel tempo.

 

Ristabilire un Buon Rapporto con i Candidati

In questa rinnovata ottica ed interpretazione del ruolo di head hunter come owner del processo di selezione e non solo come sourcer di profili, i candidati avranno delle ragioni per ricostruire su nuove basi il rapporto con te.

Importante è comunicare ai candidati la complessità del tuo nuovo ruolo, ma anche il fatto che in questo nuovo processo, tu non sei più il gatekeeper, la persona che decide arbitrariamente l’ingresso in una shortlist o meno dei candidati. Le tue valutazioni sono ora supportate e completate da esperti tecnici e comportamentali e condivise olisticamente nel processo di selezione che diventa maggiormente equo ed imparziale nei confronti dei candidati.

Tu diventi il garante del processo stesso e la persona che si assicura che le migliori scelte informate vengano prese dalle aziende clienti.

Un processo di questo tipo ti deresponsabilizza agli occhi dei candidati, non sei più il nemico, sei il garante.

Questo pone la parola fine alla infinita sequela di post LinkedIn che denigrano gli head hunter, che in questa nuova accezione diventano gli alleati ed i supporter dei candidati che si dimostrano essere realmente i migliori per una determinata posizione.

Conclusioni: Lezioni per Head Hunter

I problemi del mondo del recruiting e dei suoi processi sono tanti, spesso, a torto o a ragione, gli head hunter finiscono per diventare lo ‘scarica barile’, quelli che restano con il ‘cerino in mano’ quando le selezioni non vanno per il verso desiderato.

E’ tempo di cambiare lo status quo, è ora di dare nuovo lustro alle professione di head hunter e di ridisegnarla tenendo conto delle esigenze di clienti e candidati, ma anche delle tue. Devi valorizzare e definire il tuo lavoro, prima che i problemi cronici, le critiche e la poca considerazione che riscuote al momento lo rendano obsoleto. Pensiamo che molte delle nostre proposte possano essere un buon punto di partenza.

ExpHire: Soluzioni White-Label per Head Hunter

ExpHire può essere considerato dagli head hunter come un concorrente, e parzialmente lo siamo, ma gli smart recruiters sono in grado di vedere che rappresentiamo anche una grande opportunità per aumentare i guadagni e la reputazione degli headhunters. Il vecchio detto dice: se non puoi eliminarli, unisciti a loro, ed è questo che ti proponiamo. Usa in nostri Esperti per offrire ai tuoi clienti un servizio unico e distintivo, guadagna di più e fidelizza nel tempo ciascuno di loro grazie ai nostri servizi in white label.

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